“Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’ autodeterminazione e all’ autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’ imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.” (Codice deontologico psicologi italiani)
Come indicato dal “codice deontologico” il professionista psicologo fornisce le diverse prestazioni di intervento e consulenza nel rispetto della clientela e delle caratteristiche individuali. Relativamente alla clientela delle persone LGBTQIA+ lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali nonché altre identità e orientamenti quali ad esempio non binari, gender fluid o pansessuali , allo scopo di una maggiore garanzia di tutela della efficienza ed efficacia delle prestazioni, sono state redatte linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia (Lingiardi V., Nardelli N., 2013) approvate dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
Le linee guida per la consulenza psicologica LGBTQIA+ hanno lo scopo di gestire la problematica dell’homoignorance una categoria che nella pratica clinica si declina nella mancanza di conoscenza in tema di omosessualità. Tale categoria può contenere al suo interno:
- atteggiamenti eterofilici (ovvero perpetuare nella seduta di consulenza un modello etero-normativo per esempio “dare per scontata l’eterosessualità”)
- pregiudizi espliciti ed impliciti sulla vita affettiva e sessuale
- approccio patologizzante al comportamento sessuale affettivo
- fino ad arrivare alle cosiddette terapie riparative
Quest’ultima categoria, all’estremo opposto della homoignorance, ritiene che sia possibile effettuare delle terapie di “conversione” rivolte alle persone omosessuali al fine del cambiamento dell’orientamento sessuale. Tali modellistiche sono in totale contrasto con quanto affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (1990) la quale considera l’orientamento sessuale come “non definibile in termini di malattia”. In aggiunta a quanto evidenziato L’American Psychological Association sottolinea come non vi siano in letteratura scientifica dati che confermino l’efficacia di terapie per il cambiamento dell’orientamento sessuale. Siamo quindi di fronte a delle prospettive da un lato prive di scientificità e dall’altro deontologicamente scorrette secondo il codice deontologico (art. 3,4,5) e quindi segnalabili agli ordini di competenza.
“l’omosessualità è una variante non patologica della sessualità umana”
Premesso questo è necessario prendere atto di possibili atteggiamenti del professionista che pur non essendo “dichiaratamente riparativi” sono comunque caratterizzati da pregiudizi e inadeguata informazione.
L’approccio Cognitivo-Comportamentale riconosce nella gestione del pregiudizio una delle specifiche aree bersaglio della propria azione. Tale approccio è sia mirato alla costruzione del benessere del cliente come anche base di lavoro per il professionista stesso, invitato ad auto-osservare i propri pensieri e le proprie valutazioni in merito alle diverse tematiche di lavoro. Nessuno è immune da specifiche predisposizioni, orientamenti, principi o valori di riferimento.
Attraverso la formazione e l’aggiornamento è quindi fondamentale accrescere le proprie conoscenze al fine di:
- migliorare la qualità, l’efficacia e l’efficienza dell’intervento
- fornire un servizio che non tenda a minimizzare la rilevanza o a esacerbare l’orientamento sessuale
- saper gestire e trattare argomentazioni LGBTQIA+
- agevolare le esperienze e l’auto-conoscenza personale
- non utilizzare modellistiche inappropriate o senza evidenza scientifica
Tra gli approcci riconosciuti si fa riferimento ad un modello “affermativo” (aggiungerei assertivo) dove si rinnova l’importanza di un “ascolto libero dal pregiudizio da utilizzare con tutti gli utenti, dal momento che chiunque possa riconoscersi come non-eterosessuale”. In un contesto di questo tipo è quindi possibile fornire uno spazio che favorisca crescita e apprendimento nel modo meno condizionante possibile (distanziandosi e distinguendosi dalle terapie ideologiche).
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Riferimenti: Etica, Competenza, Buone prassi- Lo psicologo nella società di oggi. Raffaello Cortina Ed.